
Ventitré morti, 110 ricoverati per le intossicazioni da fumo, 600 dispersi e 20.000 evacuati.
Un angolo celeberrimo della California è trasformato in un inferno: case e alberghi carbonizzati, rinomate cantine e vigneti ridotti in macerie e ceneri fumanti. La furia degli incendi è senza precedenti per quell’area: ben 17 focolai separati di altrettanti incendi indipendenti, in nove contee limitrofe (l’equivalente delle nostre provincie).
È già bruciata completamente un’area di 300 chilometri quadrati, e di che valore: è il “Chianti-shire californiano”, la zona che da decenni è diventata sinonimo di vini di alta qualità, in grado di competere con quelli francesi e italiani. I nomi delle cittadine colpite, parzialmente bruciate, evacuate, sono famosi nel mondo intero: Napa, Sonoma, Mendocino, Santa Rosa, Calistoga e Marin.
La siccità-record è oggetto di studi da parte delle università californiane, il verdetto è unanime: si tratta di un fenomeno legato al cambiamento climatico. Su questo si innestano poi incuria e imprevidenza. Nonostante sia governata da un democratico, Jerry Brown, e malgrado sia una roccaforte elettorale della sinistra, la California come tutti gli Stati Uniti ha sacrificato da molti decenni gli investimenti pubblici. Ne soffrono la manutenzione forestale, l’assetto idrogeologico, i servizi di prevenzione.
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